Giorgia/Penelope e i Giudici/Proci: la metafora della Tela dei centri migranti in Albania – di Mava (Emyliù) Fankù

Di recente ho ascoltato la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, esprimere il suo disappunto paragonandosi alla leggendaria Penelope che incessantemente tesse la sua tela. La metafora della tela evoca il ricordo del tormentone delle passate festività: “I centri in Albania funzioneranno!” Tuttavia, appare evidente che qualcuno stia smontando il suo lavoro, alludendo chiaramente ai magistrati, visti come i Proci dell’Odissea, i pretendenti di Penelope che ambivano a usurpare il trono di Ulisse.

Fuor di metafora, in un Paese dove la scena politica sembra sempre più trasformarsi in un palcoscenico tragicomico, si assiste ora a una nuova mossa distraente (forse per distogliere l’attenzione dal caso Almasri?): il trasferimento di 43 migranti in Albania. Queste strutture vengono definite ufficialmente “centri di accoglienza”, ma una narrazione più onesta li descriverebbe come veri e propri “campi di concentramento” o “lager”. È come assistere a una rappresentazione teatrale di pessimo gusto, orchestrata da un governo che sembra aver smarrito il significato di giustizia sociale, trasformandolo in una soap opera di livello infimo.

Mentre i politici al governo si vantano di aver risolto “il problema dei migranti” con un viaggio senza ritorno, la magistratura italiana si conferma ancora una volta come l’eroina riluttante della situazione. Nel terzo atto, o più precisamente nel terzo tentativo di deportazione di qualche decina di migranti, la Corte d’appello di Roma smonta l’intera messinscena, liberando letteralmente i migranti richiedenti asilo e riportandoli in Italia. Questo gesto rinvia la questione alla decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea. Con tale azione, la Corte ricorda a tutti che i diritti umani non sono semplicemente un’opzione tra cui scegliere, ma costituiscono un obbligo sancito da trattati internazionali che deve essere rigorosamente rispettato.

È evidente che si tratti di semplice propaganda indirizzata agli elettori che nutrono sentimenti nostalgici, con l’effetto scenico della “pulizia etnica”, paragonabile a quello che sta attuando il rieletto Presidente degli Stati Uniti Trump, attraverso le sue spettacolari operazioni di deportazione degli immigrati irregolari in catene. In realtà, nei centri in Albania, solo una piccola cifra di circa ottanta migranti richiedenti asilo è stata temporaneamente allontanata e successivamente riportata in Italia. Questo avviene a fronte di circa quattromila sbarchi registrati sulle coste italiane solo nel mese di gennaio. Ciò dimostra chiaramente l’assoluto fallimento della missione avviata in Albania.

E i costi? Ah, quelli appaiono come una semplice nota a piè di pagina in questo copione surreale e sconcertante, destinato a stupire e far riflettere: circa 800 milioni di euro, una cifra che potrebbe essere impiegata in modo molto più utile e diretto per affrontare e risolvere problemi davvero concreti e urgenti nel nostro Paese. Eppure, questa somma viene invece canalizzata per sostenere e alimentare la macchina della propaganda di regime. Un regime che sembra confondere intenzionalmente e mescolare il razzismo con il patriottismo, e l’oppressione con il concetto di ordine sociale, creando una realtà distorta.

In questa tragicommedia, non sono necessari effetti speciali, poiché la realtà stessa supera di gran lunga qualsiasi immaginazione o fantasia umana. Mentre il sipario si abbassa dolcemente, non ci resta che chiederci per quanto tempo ancora dovremo continuare a pagare il prezzo per essere semplici spettatori di questo spettacolo di pessimo gusto che si svolge davanti ai nostri occhi.

Mava (Emyliù) Fankù

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